Le Sedie in Psicoterapia – La tecnica Chairwork

La tecnica basata sulle sedie rappresenta un insieme di interventi esperienziali che utilizzano le sedie e le loro possibili posizioni a fini terapeutici. Sviluppato oltre un secolo fa, il chairwork è ora impiegato in numerose psicoterapie contemporanee tra cui la terapia cognitivo-comportamentale (CBT), la terapia esperienziale, la terapia psicodinamica e la terapia familiare.

Molti interventi cognitivi si concentrano solo sulla mente razionale ma per apportare un vero cambiamento è essenziale lavorare anche sul livello emotivo. Il chairwork, essendo una tecnica evocativa e multisensoriale, parla direttamente a questo livello emotivo.

Il chairwork fu ideato da Jacob L. Moreno, fondatore dello psicodramma. A partire dal 1920 Moreno impiegò metodi basati sull’azione per aiutare a «trasformare la stanza di terapia in un palcoscenico teatrale». Fritz Perls, fondatore terapia della Gestalt, riteneva che i conflitti emotivi avrebbero potuto essere risolti solo rendendo evidenti le loro manifestazioni nel «qui ed ora». Piuttosto che parlare ai loro problemi, Perls sosteneva che i pazienti dovessero parlare ai loro problemi: «non è sufficiente ricordare un episodio passato, si deve tornare psicodrammaticamente ad esso».

L’utilizzo del chairwork nella psicoterapia poggia su un’evidenza scientifica in crescita. In particolare, emergono dati incoraggianti che indicano come il chairwork possa avere effetti positivi su alcuni processi fondamentali della terapia, quali il cambiamento comportamentale, la ristrutturazione di credenze disfunzionali, la regolazione emotiva e l’attivazione di insight esperienziali. Ad esempio il del role-play è stato riconosciuto come uno strumento efficace per facilitare il cambiamento comportamentale. Può essere utilizzato per allenare abilità specifiche come l’assertività o le competenze sociali e offre un contesto attivo e concreto in cui il paziente può osservare, provare e perfezionare nuovi comportamenti. Un altro ambito in cui il chairwork può rivelarsi utile riguarda i processi cognitivi problematici, come il rimuginio. Uno studio di Newman e colleghi ha confrontato un trattamento CBT standard per l’ansia generalizzata con una versione che integrava componenti esperienziali e interpersonali, incluso il chairwork: i risultati suggerivano che questo strumento facilita le trasformazioni di parti disfunzionali. La Teoria del Concorso di Recupero (Brewin, Dalgleish e Joseph,1996 ) suggerisce che le rappresentazioni mentali gareggiano per il recupero in qualsiasi momento. Secondo questa teoria, la psicoterapia non ha lo scopo di cambiare queste rappresentazioni ma piuttosto quello di costruire rappresentazioni positive che hanno un vantaggio di recupero. A tal fine, queste rappresentazioni positive devono avere alcune fondamentali caratteristiche: devono essere salienti, vivide e ricordabili. Il chairwork è proprio un’esperienza attiva, evocativa e multisensoriale, che cerca di portare il cambiamento nel modo in cui individui pensano, sentono e comprendono le loro difficoltà, dove immaginazione e fantasia giocano un ruolo cruciale.

L’obiettivo del chairwork è spostare il paziente dalle descrizioni delle sue difficoltà all’ascolto e alle interazioni con queste difficoltà. Il terapeuta fa questo aiutando la persona ad esternalizzare, a concretizzare e animare queste difficoltà. Questo approccio consente al paziente di esprimere emozioni intense e di esaminare credenze radicate, affrontando pensieri e conflitti emotivi in modo più diretto e profondo. Molti interventi cognitivi si concentrano solo sulla mente razionale (ad esempio, analizzando i pro e i contro di un pensiero) ma per apportare un vero cambiamento è essenziale lavorare anche sul livello emotivo. Il chairwork, essendo una tecnica evocativa e multisensoriale, parla direttamente a questo livello emotivo, permettendo al paziente di esplorare e rielaborare emozioni e credenze radicate.

Lo psichiatra Roberto Assagioli scriveva: “non siamo uniti. Spesso sentiamo di esserlo perché non abbiamo molti corpi e molte membra, e perché una mano di solito non colpisce l’altra. Ma, metaforicamente, questo è esattamente ciò che sta accadendo dentro di noi”. Il chairwork è in grado di mettere in scena questo conflitto, aiutando la persona a diventarne consapevole a a scegliere e collaborare con le parti più sane di sé.

Dr.ssa Roberta Salvato

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