Determinare quali fattori siano associati alla salute mentale è un filone di ricerca fondamentale per scienziati, decisori politici e pubblico in generale. La ricerca ha collegato la salute mentale a vari fattori quali le relazioni sociali, l’esercizio fisico e la disponibilità di risorse economiche. Negli ultimi anni la necessità di indagare la relazione tra attività online e salute mentale è diventata imperativa. Si stima infatti che trascorriamo in media ben 6 ore e mezza al giorno online e una delle attività più comuni svolte è la ricerca di informazioni.
“Gli individui che hanno consumato più informazioni negative dalla navigazione web hanno riportato una salute mentale e un umore peggiori”
E ciò che le persone scelgono di sapere fornisce indizi importanti sullo stato cognitivo e affettivo di un individuo. Ad esempio, un tono dell’umore negativo più frequentemente porta alla ricerca di informazioni con un sentimento simile, con conseguente consumo di contenuti con valenza negativa che a sua volta peggiora lo stato affettivo negativo di una persona. Questo meccanismo è coerente con i risultati che suggeriscono che le persone con depressione tendono a impegnarsi con stimoli che perpetuano la loro tristezza ed è analogo al meccanismo ipotizzato alla base della ruminazione. È noto infatti che pensieri negativi continui sostengono ed esacerbano stati d’animo bassi attraverso un ciclo di feedback. In modo simile, lo stato affettivo di un individuo può influenzare ed essere influenzato dal tipo di informazioni ricercate da fonti esterne. Testare empiricamente questa ipotesi è particolarmente importante nell’attualità, dato l’aumento esponenziale della disponibilità, velocità e facilità di accesso alle informazioni.
Questi risultati rivelano un ciclo di feedback: un umore basso porta al consumo di più informazioni negative che a sua volta porta a un umore peggiore e così via.
Sino ad oggi, la ricerca che esamina la relazione tra salute mentale e comportamento online si è concentrata prevalentemente sulla valutazione del tempo trascorso davanti allo schermo e sull’uso dei social media. Un recente studio pubblicato su Nature Human Behaviour ha invece esplorato come la ricerca di informazioni online influenzi la salute mentale e viceversa. Lo studio si articola in quattro veri e propri sotto-studi per un totale di più di mille partecipanti e rivela che la navigazione web riflette e modella la salute mentale. In particolare, gli individui che hanno consumato più informazioni negative dalla navigazione web hanno riportato una salute mentale e un umore peggiori. Inoltre, i partecipanti che hanno riportato un umore peggiore prima della navigazione tendevano ad accedere a più contenuti negativi online. Questa esposizione a contenuti negativi era, a sua volta, associata a un umore peggiore dopo la navigazione. I ricercatori, inoltre hanno stabilito la causalità di questa relazione esponendo i partecipanti a pagine web negative o neutre. Cioè, hanno scoperto che l’esposizione a pagine web negative ha portato a un umore peggiore e questo peggioramento dell’umore ha poi portato le persone a cercare più informazioni con valenza negativa. Insieme, questi risultati rivelano un ciclo di feedback: un umore basso porta al consumo di più informazioni negative che a sua volta porta a un umore peggiore e così via.
Una volta stabilita una relazione causale tra il consumo di informazioni negative online e l’umore negativo, però, lo studio è proseguito: i partecipanti avrebbero scelto di accedere a meno informazioni negative se fossero stati informati del potenziale impatto emotivo del contenuto sulle pagine web?
I risultati, in effetti, hanno mostrato che svelare il circolo vizioso tra contenuti negativi e peggior tono dell’umore ha portato i partecipanti a cercare e leggere meno contenuti negativi, il che ha migliorato il loro umore. Questi risultati suggeriscono che un semplice intervento, ovvero fornire etichette che informino in anticipo gli utenti sulle proprietà affettive delle pagine web che intendono visitare, è efficace nel ridurre l’esposizione a informazioni negative e nel migliorare l’umore. A questo punto, tuttavia, i ricercatori mettono in guardia dall’eccessiva semplificazione in quanto sostengono a ragione che non sarebbe sempre utile basare le decisioni di consumo di informazioni esclusivamente sulle proprietà affettive delle stesse. Ad esempio, se qualcuno cerca informazioni sulla relazione tra fumo e cancro, contenuti con valenza negativa potrebbero salvare la vita. Pertanto, non viene raccomandato un intervento in cui vengono fornite solo “etichette affettive” bensì viene proposto di concentrarsi su tre caratteristiche delle informazioni che sono fondamentali per le decisioni di ricerca sul web: la capacità delle informazioni di guidare le azioni, il potenziale delle informazioni di arricchire la conoscenza e la valenza delle informazioni.
In conclusione, questo interessante studio non solo offre una nuova prospettiva per comprendere il legame tra attività online e benessere psicologico, ma propone anche interventi pratici per modificare le abitudini di navigazione, migliorando il benessere nella vita digitale. In un’epoca in cui l’online occupa un ruolo centrale, questi risultati rappresentano un passo importante verso la promozione della salute mentale nel contesto digitale.
Dr.ssa Roberta Salvato