Il declino cognitivo e i sintomi depressivi spesso coesistono negli individui di mezza età e negli anziani e condividono diversi meccanismi. Nonostante il fatto che la disfunzione cognitiva sia stata collegata all’aumento dei sintomi depressivi, la direzionalità di questa associazione rimane poco chiara.
I sintomi depressivi sono associati alla funzione cognitiva tra gli adulti di età pari o superiore a 50 anni? Un recentissimo studio di un team dell’University College di Londra e della Brighton and Sussex Medical School edito su JAMA ha provato a dare una risposta.
Un lieve declino cognitivo può essere osservato come risultato dell’età nella maggior parte degli anziani. Tuttavia, se i deficit cognitivi sono presenti in più domini e hanno un impatto negativo sulla vita quotidiana, potrebbero portare a un lieve deterioramento cognitivo o a demenza. Anche i sintomi depressivi sono comuni tra gli anziani, tuttavia questa problematica psichica viene spesso sottovalutata a tal punto che una percentuale significativa di pazienti affetti da depressione non viene curata. Sappiamo che il declino cognitivo e i sintomi depressivi condividono alcune caratteristiche e che negli anziani questi due disturbi si verificano regolarmente in concomitanza. La depressione in età avanzata può essere considerata un prodromo della demenza, così come la disfunzione cognitiva o la demenza possono almeno in parte essere attribuibili a sintomi depressivi. Ciò indica un’associazione bidirezionale tra le due patologie.
Lo studio sopra citato, analizzando un vasto campione di adulti con età pari o superiore a 50 anni, ha confermato questa associazione bidirezionale: è stato dimostrato che i sintomi depressivi erano associati in modo trasversale a una memoria e ad una fluidità verbale più scarse. I sintomi depressivi erano anche associati a un declino più rapido della memoria e il tasso di declino della memoria era associato a un cambiamento accelerato dei sintomi depressivi. Gli autori mettevano in luce inoltre che sintomi depressivi più elevati erano associati a una perdita di memoria più rapida nel tempo.
Dal punto di vista biologico, è stato scoperto che la depressione influisce negativamente sulla cognizione attraverso l’aumento dei livelli di cortisolo derivante dalla disregolazione dell’asse ipotalamo-ipofisi-surrene e questo processo viene solitamente definito neurotossicità. È stato riscontrato che i sintomi depressivi sono anche un fattore di rischio per molte altre problematiche fisiche tra cui cambiamenti nei sistemi vascolari e metabolici, infiammazione cronica e compromissione del sistema immunitario. Questi cambiamenti e la disfunzione dell’asse ipotalamo-ipofisi-surrene fanno parte delle risposte cumulative del corpo umano agli stimoli di stress esterni. Quando gli stimoli rientrano entro certi limiti, queste reazioni sono benefiche e adattive e possono essere considerate parte della routine quotidiana per abituarsi al nuovo ambiente esterno o soddisfare altre esigenze essenziali. Tuttavia, se ulteriori stimoli si sovrappongono e diventano cronici, si verifica un sovraccarico e le reazioni del corpo umano possono portare a una disregolazione a lungo termine in molteplici sistemi fisiologici. Questi cambiamenti alla fine determinano una neurodegenerazione accelerata e ciò contribuisce alla disfunzione cognitiva.
Questi risultati suggeriscono che gli individui che presentano sintomi depressivi dovrebbero essere valutati per potenziali deficit di memoria nel tempo. Affrontare i problemi di memoria negli individui depressi è importante sia per monitorare la funzione cognitiva, sia per migliorare il benessere psicologico. Allo stesso modo, affrontare i sintomi depressivi negli individui con perdita di memoria aiuta a mitigare un ulteriore declino della funzione di memoria. È bene, quindi, considerare approcci terapeutici integrati, tra cui la psicoterapia e la farmacoterapia per la depressione e gli interventi cognitivi per i deficit di memoria per alleviare il declino del funzionamento mentale e del benessere psicologico negli individui di mezza età e negli anziani.
Dr.ssa Roberta Salvato