Una svolta nella diagnosi dell’autismo?

Secondo l’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS), lo spettro autistico (ASD) è un insieme di disturbi del neurosviluppo caratterizzati da difficoltà nella comunicazione sociale e da comportamenti ripetitivi e stereotipati. I sintomi dell’ASD possono variare notevolmente in termini di gravità, ma includono comunemente problemi nelle interazioni sociali, nella comprensione delle emozioni e nell’adattamento ai cambiamenti. Nei quadri più severi la qualità di vita può essere gravemente compromessa e si rende necessario un supporto costante a chi rientra in questa casistica.

In alcune occasioni viene rappresentata in ambito cinematografico una delle possibili configurazioni che rientrano nello spettro, ovvero quella in cui la persona che ne è portatore manifesta aspetti di divergenza nel modo di interagire con gli altri, ma in co-presenza di enormi capacità cognitive, ad esempio, in ambito logico-matematico.
Proprio perché l’autismo non è affatto una condizione sconosciuta, ha destato una certa attenzione la notizia, trattata su diverse testate di importanza nazionale, rispetto ad una svolta che permetterebbe una diagnosi molto rapida ed efficace, con evidenti implicazioni sul benessere dei pazienti e delle famiglie. I giornali hanno riportato come tale svolta sia stata resa possibile da un équipe di ricercatori che avrebbe “decifrato” il codice genetico dell’autismo grazie all’intelligenza artificiale.

Come spesso accade la divulgazione scientifica fatta da media non specialistici contiene importanti approssimazioni, e anche questo caso non fa eccezione. A sottolineare l’erroneità del modo in cui la notizia è stata divulgata sono state anche alcune delle associazioni che si occupano della tematica dell’autismo, mettendo in luce come non solo la “svolta” non abbia affatto le implicazioni epocali riportate dai giornali, ma come anche la sua natura non sia stata riportata correttamente.

Lo studio citato, non si occupa infatti di “codice” genetico, ma di rilevare alcune piccole differenze nella struttura del cervello che potrebbero essere correlate allo spettro autistico. La correlazione tra tali sottili differenze e alcuni geni specifici deve essere ancora oggetto di approfonditi studi.

Gli stessi autori della ricerca hanno chiarito come essa possa aprire ad interessanti scenari futuri, ma non ha affatto determinato la possibilità di diagnosticare l’autismo con test genetici.

Come si diagnostica allora l’autismo?

La diagnosi si basa su una valutazione clinica che coinvolge osservazioni comportamentali e dello sviluppo del bambino. Viene eseguita da un team di specialisti (neuropsichiatri infantili, psicologi, logopedisti) attraverso strumenti standardizzati . Come ad esempio ADOS (Autism Diagnostic Observation Schedule): un test osservativo che valuta comportamenti sociali, comunicativi e di gioco. O il ADI-R (Autism Diagnostic Interview-Revised) un’intervista strutturata ai genitori che esamina la storia evolutiva e i sintomi dell’autismo.

Si può notare come i test in oggetto si basano sull’osservazione dei comportamenti, nel prosieguo delle varie fasi dello sviluppo e, per il momento, siamo ben lontani da poter fare una diagnosi con un test a livello genetico.

Come possiamo vedere il problema della divulgazione scientifica nel contesto italiano ha delle conseguenze anche quando si parla di salute mentale. Per questo motivo è sempre necessario e utile affidarsi a professionisti, anche con l’esplicito scopo di essere orientati, quando si hanno dei dubbi su come affrontare le proprie fatiche, quale iter seguire, e a quali figure professionali affidarsi.

Dr. Francesco Colombo

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